Tommaso Giacomel

a cura di Cristiana Lissidini

Da una passione nata quasi per caso a una carriera che oggi lo vede tra i migliori biatleti del mondo. Tommaso Giacomel, classe 2000, è uno dei giovani talenti più promettenti del biathlon italiano. Gli ottimi piazzamenti in Coppa del Mondo gli hanno fatto guadagnare un posto di rilievo in uno sport che richiede non solo una preparazione fisica impeccabile, ma anche una forza mentale straordinaria. Come ti sei avvicinato al biathlon? Inizialmente praticavo discesa e fondo, ma è stato proprio grazie alla TV che ho scoperto il biathlon. Per fortuna c’era un uomo, Balligiano, un ex biatleta, che un giorno ha deciso di acquistare due fucili ad aria compressa. Io, incuriosito, ho subito voluto provarci. Mi è piaciuto fin da subito e da lì ho cominciato a praticare il biathlon. Poi, quando ho iniziato la scuola superiore a Malles, in Val Venosta, in Alto Adige, è stato il momento in cui ho intrapreso seriamente questa strada.

Ci vuole tanto allenamento? Sì, ci vuole tanto allenamento, e bisogna anche prendere tante batoste, perché non è così facile. Ci sono atleti che hanno il tiro come un dono di madre natura, altri meno. A livello dove sono io, la Coppa del Mondo, tutti sono tiratori eccellenti. Il tiro è una qualità che in parte è innata, ma che va allenata costantemente. Anche se possiedi una buona predisposizione, devi comunque allenarti, perché durante le gare si presentano sempre situazioni diverse.

Qual è un tuo punto di forza? Penso che il mio punto di forza sia la mentalità, il mio rifiuto alla sconfitta, la determinazione nel non mollare mai. Il biathlon è uno sport di endurance molto impegnativo, mentalmente estremamente drenante. La mia predisposizione a non arrendermi mai è ciò che mi ha portato fin qui e, speriamo, mi porti ancora più in alto.

Quanto è importante la squadra? Senza una squadra, è difficile andare avanti, perché passiamo più di 200 giorni all’anno lontano da casa. È un viaggio che non dura per sempre, perché per forza di cose non si può essere atleti per sempre. Il viaggio di un atleta è bellissimo, soprattutto se si trova un buon ambiente. I compagni di squadra diventano davvero come dei fratelli. Didier, ad esempio, è il mio miglior amico. Siamo in squadra insieme da tanti anni e mi auguro che continueremo a esserlo anche in futuro. È come una grande famiglia, dove si crea un legame forte, che diventa ancora più importante delle performance.

Quanto conta la preparazione mentale? La parte fisica è certamente importante, ma la preparazione mentale è fondamentale.

Hai dei riti o abitudini particolari prima della gara? Sì, ho dei riti. Non sono scaramantico, ma penso che un atleta cerchi sempre di ripetere quel che ha fatto quando le cose sono andate bene. Quindi ho delle piccole abitudini che seguo sempre prima di una gara, perché mi aiutano a concentrarmi meglio e a rimanere focalizzato.

Milano-Cortina 2026? Per il momento voglio concentrarmi su questa stagione. Ci sarà un altro campionato del mondo e voglio fare bene lì. Le Olimpiadi rappresentano senza dubbio un appuntamento fondamentale della mia carriera, ma al momento non ci penso troppo. Stiamo lavorando bene come squadra e con gli allenatori c’è un ottimo feeling. Spero di arrivare pronto… ma credo di sì!