Forse lassù è meglio
Gli effetti di lunga durata dell’andar per monti. Ci avete mai pensato? Io sì, ma fino a qualche tempo fa l’idea mi girava in testa senza riuscire a fermarsi su un punto focale preciso. Adesso che mi è arrivata qualche modesta certezza in più, posso cercare di spiegare.
Lo so, non è facile, e devo riconoscere che per tentare di esprimere la faccenda non ho trovato niente di meglio che questa sintesi a prima vista un po’ imperfetta. In realtà, quando parlo di effetti, non voglio far presagire malanni: intendo riferirmi proprio all’opposto, a quello straordinario aspetto benefico e curativo che questo riconoscimento produce. Per ottenere un’efficacia diversa dovrei ricorrere a una perifrasi, a un giro di parole, ma ho il timore che una concessione all’eleganza svuoti il concetto della sua efficacia.
Gli effetti di lunga durata sono i residui delle esperienze vissute in montagna, di quelle più profonde, che lasciano il segno, sedimentate in stagioni e stagioni di frequentazione di cime e ghiacciai. A volte si fanno sentire già in giovane età, ma è più facile che compaiano alle soglie della maturità e che tocchino il loro apice ancora più avanti negli anni. Non si misurano per con una semplice somma di giorni trascorsi in montagna. fosse così, si tratterebbe di una banalità. Sono sicuro, invece, che gli effetti di cui sto parlando siano qualcosa di assai più profondo, e che tutta la questione sia un pochino più complessa. Se si potesse usare il linguaggio della chimica, dovrei parlare di un composto, di qualcosa cioè di ben diverso dai singoli elementi che concorrono a formarlo.